di Sandro Secchi
Ieri abbiamo fatto la benedizione delle Palme nel reparto di trapianto di midollo all'Ospedale San Martino di Genova. Sono 18 camere con altrettante persone. Per ogni trapianto una speranza di guarigione ed un rischio di morte. Un luogo di dolore, tanto, e di paura.

Abbiamo dato le palme a tutti e con alcuni ci siamo fermati a parlare, in particolare con Luigi, un signore sui 65 anni che sta per fare il trapianto, in piedi sulla porta della camera, accanto a sua moglie; poi con Romano, in procinto di uscire dopo più di un mese di ricovero; con Biagio, affetto da una forma estremamente acuta e che per quattro mesi ha lottato per poter arrivare al trapianto, ma in questi giorni, a trapianto fatto, spesso ha la febbre alta e il midollo nuovo ancora non è partito.
La cosa terribile di questa malattia, oltre la gravità, è il protrarsi per tanto tempo di condizioni estremamente debilitanti, che necessitano di mille attenzioni, pratiche molto invasive e una grande prostrazione fisica e mentale. Quale sarà il mio futuro? E' la domanda costante di chi, nonostante la malattia, non smette di sperare nella vita.
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