"Oggi sono stato a trovare i detenuti nella casa circondariale 'Giuseppe Salvia'. Ho trascorso un paio d'ore cantando e conversando con loro. E’ stata un’esperienza molto toccante. Uscendo da questa porticina ho immaginato la disperazione di chi entra e la grande gioia di chi esce ritrovando la libertà".
Gianni Morandi
da "Il Mattino" del 22 giugno 2016
Il carcere di Poggioreale come una piazza di un paese dove si tiene un concerto di inizio estate. Appena Gianni Morandi entra nella chiesa del penitenziario, i detenuti presenti si alzano in piedi e scoppia un fragoroso applauso. E subito si crea un feeling tra il cantante bolognese e i carcerati.
Sono in duecento e provengono dai padiglioni Italia, Livorno e Firenze. Molti
sono napoletani, qualcuno è straniero, tantissimi i giovani. Morandi intona «Se
perdo anche te» e l'atmosfera subito si surriscalda. Interloquisce con i
ragazzi, li chiama sul palco per cantare con lui o per eseguire un brano a
richiesta. Vincenzo di Scampia, 31 anni e tre figli, chiede di cantare «In
ginocchio da te». «A chi la vuoi dedicare?», gli chiede il cantante. «A mia
moglie - risponde il giovane - mi diceva di andare a lavorare ed io non ci sono
andato, e oggi sono in galera». «Ma come fai a conoscere questa canzone -
replica Morandi - mica hai 70 anni?». E poi aggiunge: «Al mondo non esiste chi non
ha sbagliato almeno una volta».
Poi il concerto continua con «Un mondo d'amore» e «Vita». «Vita in te ci credo,
le nebbie si diradano», dice il testo della canzone. A Poggioreale, per un
pomeriggio, le nebbie che si diradano sono quelle dell'isolamento. Tutti
cantano, anche gli operatori penitenziari presenti e i volontari della Comunità
di Sant'Egidio che ha organizzato l'evento.

Morandi vuole conoscere le storie di ciascuno, che cosa li ha portati in
carcere, fa tante domande ai detenuti: «Quanto tempo devi stare ancora qui?
Fuori hai delle persone che ti vogliono bene? Ma una faccia così simpatica come
la tua, cosa può aver fatto di male?». E ancora: «Ti viene a trovare tua
moglie, ti porta un regalo?». E l'uomo risponde che i figli sono il regalo più
bello. «Ma guarda che sono una responsabilità», gli ricorda l'artista.
Nella platea si intrecciano storie di dentro e di fuori, del carcere e fuori.
Un giovane chiede di dedicare «Solo insieme saremo felici» a una cugina che
vive a Latina e che lo aspetta quando uscirà. Un altro detenuto rivela che solo
lo scorso 5 maggio ha incontrato Morandi in una trattoria di via Tribunali e il
cantante ha dedicato una canzone al figlio che compiva gli anni. «E ora dice
con amarezza - sono qui».
Il legame tra Napoli e Morandi è profondo e antico. È cominciato quando il
giovane Gianni, già una star nazionale, girava i film musicarelli negli anni
Sessanta, vestito da militare, e quando teneva i concerti alla Sanità dove alla
fine per salutarlo tutti sventolavano i fazzoletti. Ma è stata anche l'amicizia
con Lucio Dalla, che gli raccontava della passione e dell'allegria dei
napoletani, a legarlo ancora di più alla città. E quando intona «Caruso», è
tutto un coro che canta commosso. Così come sull'accenno a «Quando» e a «Napul'è» di Pino Daniele.

«Uno su mille» è la canzone della risalita, di quando si sta a terra nella
polvere e non si vede via d'uscita. Un inno alla vita e alla speranza che
chissà quante volte i carcerati hanno cantato in cuor loro. Un Pulcinella di
terracotta è il regalo che il cantante si porta via per ricordare questa
giornata particolare.
Il concerto, dopo quasi due ore finisce. Un gelato al limone offerto dai
volontari rinfresca e rende meno triste il rientro in cella. Morandi saluta uno
per uno i detenuti, stringe le mani a tutti e si fa fotografare con loro.
All'uscita del portone del carcere chiede se anche chi viene scarcerato varca
quella porta. E si fa ritrarre mentre esce, immedesimandosi in uno di loro.
Sicuramente gli saranno tornate in mente le parole della sua canzone, «perché
al mondo no, non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta».
Antonio Mattone
Commenti
Posta un commento