
Per chi non lo sapesse, il CIE - acronimo che sta per Centro di Identificazione ed Espulsione - è il luogo dove vengono trattenuti in attesa del rimpatrio gli stranieri sorpresi senza i documenti in regola... quelli che, con una parola di cui si abusa, vengono chiamati "clandestini", rivelando tutto il disprezzo e l'incapacità di integrare delle nostre società europee.
Certo, finora a nessuno era venuto in mente che tra "clandestine" e "grandma" potesse scoccare la scintilla di un'amicizia. Eppure è accaduto, nella sorpresa degli stessi volontari di Sant'Egidio che ogni settimana visitano le anziane, le aiutano nelle loro necessità quotidiane e le hanno accompagnate al CIE, che si trova a pochi chilometri da casa loro a Fiumicino. Nel reparto femminile del CIE di Ponte Galeria sono ospitate cinesi, marocchine, latinoamericane e soprattutto giovani nigeriane, giunte in Italia dopo il viaggio attraverso il deserto e il Mediterraneo. Lo ha raccontato, nella commozione generale, Jennifer: "Quando camminiamo in strada la gente ci guarda male, ma non immagina quello che abbiamo passato nel deserto. A mezzogiorno per il caldo pregavamo che venisse la notte perché il sole e la sabbia bruciavano il viso".


"Ci dovrebbero venire tutti a vederle da vicino, perché la televisione le offende chiamandole 'clandestine'. Mica hanno fatto qualcosa di male!", ha detto una signora, che appena uscita dal CIE ha promesso alle amiche di spegnere la TV quando sentirà la parola "clandestini". E un'altra ha detto: "Nessuno vi capisce meglio di noi. Noi sappiamo cos'è la guerra e cos'è la fame. Non vi dimenticheremo e ogni giorno pregheremo per voi".
Molti lo hanno dimenticato o semplicemente non lo sanno. A Fiumicino tra il '43 e il '44 c'erano i bombardamenti, i rallestramenti e tanti italiani profughi... Un consiglio: andate a trovare le "grandma": ve lo raccontano loro cosa succedeva in Italia settant'anni fa.
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