Ricordo commosso di Salvatore, amico senza dimora, che ha insegnato il valore dell'ascolto

Mirko Sossai, della Comunità di Sant'Egidio, ricorda con parole commosse un amico senza dimora, su Il Corriere del Veneto:

E` morto dopo tre settimane di coma. Salvatore aveva 66 anni. La strada era la sua casa. Si direbbe uno degli invisibili che popolano Padova. Eppure al funerale, al Tempio della pace, eravamo forse cento. Non sono stati rintracciati parenti. Ma la sua famiglia era là: tanti amici, volontari e senza tetto, personale delle ferrovie, gli edicolanti della stazione, tanta gente comune. Con gli occhi lucidi. A conferma della dimensione umana e solidale che è insita nella nostra città. Sopra la bara un cuscino di fiori e un nastro con scritto: i tuoi amici.
Salvatore era un amico, un amico fedele: per 10 anni ci siamo visti tutte le settimane, durante la distribuzione della cena itinerante della Comunità di Sant`Egidio.
Abbiamo trascorso insieme giornate serene, momenti di festa, il pranzo di Natale, come anche situazioni difficili e di dolore. La storia di Salvatore è simile a quella di tanti: calabrese, era partito negli anni Sessanta per Torino, alla ricerca di un posto in fabbrica. Viveva a Padova da trent'anni, molti dei quali passati, con grande dignità, per strada.
Non era un uomo di molte parole.
In molti lo conoscevano per il soprannome che la strada gli aveva dato: il lupo. Si diceva perché  solitario. Preferirei dire che era riservato. Attorno a lui, infatti, c`era un mondo di incontri e di persone che gli volevano bene.
Penso a noi di Sant`Egidio. Penso anche a quel mondo abitato che è la stazione, suo luogo privilegiato, insieme alla cucine popolari. In stazione Salvatore era in effetti il «direttore» aggiunto. Conosceva tutti, dal giornalaio alle signore del bar. Con lui avevo un appuntamento fisso, ogni mercoledì mattina, prima della mia partenza con il treno: facevamo colazione insieme. Un
rito. Che ho scoperto poi aver condiviso con altri, a far parte di una cerchia speciale di amici.
Mancherà a molti, per i quali non era un barbone senza volto ma un nome e una storia. A noi ha
insegnato quanto è importante ascoltare. Salvatore aveva condiviso con noi il suo sogno:
grazie alla pensione, di sistemarsi finalmente, di avere una casa.
Aveva chiesto aiuto. Purtroppo è morto proprio quando questo obiettivo era là a un passo. Ma il suo sogno e il nostro impegno rimangono vivi: che nessuno più in questa città si trovi senza un tetto.
La solidarietà, nel senso più vero, è condivisione partecipe. E' un`idea grande, una parola buona, qualche ora di tempo, una visita. Una chiamata a vivere insieme.

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