A Genova giovani italiani e stranieri, insieme, per superare la paura

E' iniziato in questi giorni il progetto “Storie di una diversa giovinezza”, promosso a Genova dalla Comunità di Sant’Egidio, la Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale, la Direzione Scolastica Regionale della Liguria e l’Ufficio diocesano Migrantes. Il progetto porterà nelle scuole un gruppo di richiedenti asilo per incontrare gli studenti genovesi.
L'articolo de "Il Secolo XIX"


Hassan ha 19 anni, viene dalla Nigeria e sogna di fare l’infermiere. Sulle spalle porta i segni delle frustate ricevute in Libia, dove lavorava per guadagnare i soldi per i suoi studi e veniva picchiato
perché “nero”, quindi identificabile con la guardia personale di Gheddafi. Negli occhi, invece, si legge il terrore di quando l’hanno spinto su una barca – lui che non aveva mai nuotato – per attraversare il Mediterraneo. Luca ha qualche mese in meno, frequenta la quinta in un liceo genovese e nello zainetto North Face lascia sempre lo spazio per un libro di simulazione di test d’ingresso all’università: il suo sogno è di diventare medico. Cosa hanno in comune Hassan, che ora vive in un centro di accoglienza con una quarantina di africani, pakistani e bengalesi e Luca, con la sua stanza tappezzata di poster in un bell'appartamento di un quartiere residenziale? Come faranno le loro strade ad incrociarsi? A Genova se lo sono
chiesti la Comunità di Sant’Egidio, la Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale, la Direzione
Scolastica Regionale della Liguria e l’Ufficio Migrantes che hanno pensato di portare i profughi e le
loro storie dentro le aule scolastiche con il progetto “Storie di una diversa giovinezza”. Per tutto
l’anno scolastico, gruppi di rifugiati ospitati nelle strutture di accoglienza genovesi verranno
accompagnati dai giovani di Sant’Egidio nelle classi delle scuole superiori della città: i migranti parleranno di sé, racconteranno le loro storie, risponderanno alle domande dei ragazzi. “Ci siamo accorti – spiega Elena Arcolao, una delle responsabili del progetto – che uno dei 
problemi della nostra società è la paura. Per i giovani italiani è la paura di un futuro precario, paura del diverso, di chi viene da lontano e noi conosciamo solo tramite una visione superficiale dei
media o l’interpretazione volgare e strumentale di una certa politica. Ma anche, per i giovani
profughi, la paura di chi ha lasciato tutto, ha rischiato di morire in viaggi pericolosissimi e costosi.
La paura di deludere la famiglia che hanno lasciato e ha investito tanto nel loro viaggio. La paura 
della violenza e della guerra che hanno visto e vissuto. Ma l’antidoto alla paura è solo l’incontro, la conoscenza e la vera integrazione e il primo passo è parlarsi e guardarsi negli occhi: per questo abbiamo pensato a un gesto semplice e decisivo, portare questi giovani faccia a faccia, per mostrare
gli uni agli altri che l’altro non è mai un fantasma, ma, spesso, può diventare un amico”. A partire
dalla fine di ottobre, il progetto partirà in decine di classi, nella convinzione che Hassan e Luca
potranno scoprire che, in comune, hanno l’unica cosa che conta: il desiderio di un futuro migliore.

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