I
senza fissa dimora
Da dieci anni Sant’Egidio compie una visita
settimanale ai senza fissa dimora, a cui si porta la cena e una compagnia
affettuosa. A ciascuno viene consegnato un “kit” con la pasta, una bottiglietta
d'acqua, del pane, la frutta e un secondo. Il pasto caldo viene preparato il
pomeriggio nella cucina dell’Opera Pia S. Lucia, dove collaborano 10 -12
persone che si alternano in gruppi da 5-6. Il servizio gratuito dei volontari
consente di distribuire circa 4.500 pasti ogni anno. Oltre cento persone vengono
raggiunte il lunedì sera in diverse parti del territorio urbano, da operatori
suddivisi in gruppi di circa cinque
persone. In questi anni abbiamo visto mutare i motivi che portano alla
condizione di senza dimora, sempre più non riconducibili ad eventi eccezionali
o a storie di particolare emarginazione. Al contrario, si tratta di avvenimenti
che possono toccare molti: uno sfratto,
una tensione familiare che non
si risolve, la perdita del lavoro,
una malattia possono
trasformare, laddove manca il sostegno necessario, persone che fino a quel
momento conducevano una vita "normale" in persone sprovviste di
tutto. Per questo si possono incontrare per strada anziani che hanno subito perso la casa, adulti che dopo una separazione coniugale perdono ogni punto di
riferimento e giovani senza lavoro.
Tra i senza dimora merita un discorso a parte la presenza di stranieri: in genere si tratta di
giovani che dormono in strada solo durante il primo periodo di immigrazione a
causa della carenza delle strutture e che vivono questa esperienza con
umiliazione pur accettandola come un passaggio obbligato per il futuro
inserimento. A volte incontriamo persone con problemi psichici, che le
strutture e i servizi sanitari non sono stati in grado di affrontare. Si tratta
insomma di un mondo complesso, con cui non è sempre facile entrare in contatto,
costituito da uomini e donne che, quasi mai, vivono la loro condizione come una
scelta. Con il tempo il muro di diffidenza che spesso separa queste persone
dagli altri è stato superato e sono stati costruiti splendidi percorsi di
amicizia che, in alcuni casi, hanno aiutato ad uscire dalla propria condizione
di emarginazione. Chi vive per strada può appoggiarsi anche al nostro centro docce,
in cui può lavarsi, ricevere un cambio d’abiti e trascorrere qualche ora in cui
parlare in un clima di amicizia, sentendosi finalmente chiamare per nome. Chiamare
il povero per nome, ricordarlo, è il primo modo per superare l’abisso che ci divide da lui e non
considerarlo solo una bocca da sfamare o un corpo da curare.
Nella parabola del ricco epulone narrata da
Gesù nel Vangelo di Luca (cap. 16, 19-32) Dio conosce il nome del povero
Lazzaro ma non fa menzione del ricco che banchettava lautamente.
Il
centro di accoglienza
Un altro luogo in cui Sant’Egidio incontra
i poveri di Palermo è il Centro di accoglienza inaugurato nel gennaio del 2005,
che si trova nei locali accanto alla chiesa di Sant’Agostino. Qui vengono
distribuiti i prodotti forniti dal banco alimentare, ma anche quelli che
vengono raccolti dai volontari nelle collette alimentari davanti ai
supermercati. Circa duecentocinquanta nuclei familiari ricevono ogni mese un
sostegno alimentare, con pasta, latte, olio, biscotti, pelati, lenticchie,
formaggi e prodotti per i bambini. Le 252 famiglie si possono così suddividere:
• 16%
stranieri extracomunitari con nucleo familiare variabile da 2 a 6 elementi;
• 38%
anziani soli o con figli disoccupati e/o sposati a carico;
• 3%
disabili di varia entità e tipologia;
• 43%
famiglie con uno o entrambi i genitori, con reddito 0 o inferiore a 5000 euro
e/o con più di tre figli.
All'interno di questa suddivisione bisogna
considerare famiglie in cui sono presenti casi di malattie che richiedono cure
costose e situazioni detentive di vario livello. In media si tratta di circa
mille persone, che compongono un affresco di quei “nuovi poveri” che sempre più
spesso trovano spazio nelle cronache: anziani soli che vivono con la pensione
minima, disoccupati, cassaintegrati, lavoratori precari. Rispetto al 2011 sono aumentate le
richieste di aiuto da parte di persone sole e, soprattutto, da parte di persone considerate “insospettabili”. Si
tratta di famiglie monoreddito, con uno stipendio mensile medio di € 1.200,00,
composte mediamente da 5 persone, in casa in affitto, con ragazzi in età
scolare, che si trovano in serie difficoltà per gli ultimi giorni del mese. Se gli indigenti a Palermo, secondo dati forniti
dall’ANSA, sono cresciuti di circa il 10% nell’ultimo anno, il
numero di coloro che si rivolgono al Centro di accoglienza è aumentato del 30 %
negli ultimi due anni. I rapporti
intrattenuti con le persone seguite hanno messo in luce altre esigenze a cui la
Comunità di Sant'Egidio ha cercato di rispondere, proponendo nuovi servizi
dedicati agli anziani, alle donne e ai bambini, che hanno bisogno di un sostegno
scolastico e di stimoli diversi da quelli ricevuti dall’ambiente in cui vivono
la loro quotidianità. Questi ultimi, in particolar modo, sono stati inseriti nella
“Scuola della Pace”, un'attività di supporto didattico ed educazione alla pace
che la Comunità svolge al Capo dal 1989.
Il
Pranzo di Natale
Un altro indicatore importante è il numero
di coloro che vogliono di venire ai pranzi di Natale che la Comunità organizza
tradizionalmente il 25 dicembre. Sono circa quattrocento coloro che hanno
chiesto di passare con noi questo giorno. Tanti nuovi poveri che abbiamo
incontrato nell’ultimo anno e che non hanno nessuno con cui trascorrere una
giornata di festa. È il riflesso di una crisi che sta lacerando il tradizionale
sostegno offerto dalle famiglie agli individui in difficoltà.
Ma ad essere entrato in crisi è anche il modello di una società
basato sul culto dell’autosufficienza. Scopriamo che in un tempo difficile c’è
bisogno di più solidarietà.
C’è bisogno di un noi capace di accogliere
tanti.
Vincenzo Ceruso e Consuelo Lupo
Uno dei maggiori valori del Sud è la famiglia. Bisogna fare qualcosa perchè la crisi non lo distrugga.
RispondiEliminaChe bella notizia per iniziare il 2013: Sant'Egidio è anche a Palermo! Nei giorni scorsi, durante l'incontro di Taizé, ho visitato la basilica di San Bartolomeo all'Isola e partecipato a un workshop della Comunità di Sant'Egidio sui martiri del XX secolo. Nella basilica è custodita la stola di padre Giuseppe Puglisi. Leggendo la vostra esperienza, mi pare che lo spirito di amore per gli ultimi di padre Puglisi riviva nel servizio ai poveri dei giovani di Sant'Egidio.
RispondiEliminaNella Sicilia dai mille problemi, una serie di notizie piene di speranza...
RispondiElimina